giovedì 26 settembre 2024

Super Cavie. Racconti satirici di transumanesimo e "pornodistopia"

Presentazione del libro Super Cavie alla biblioteca Casa del Parco - Roma
 

giovedì 7 marzo 2024

"La zona d'interesse ovvero la banalità del "nor-Male"



"𝐋𝐚 𝐳𝐨𝐧𝐚 𝐝’𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐞𝐬𝐬𝐞" 𝐨𝐯𝐯𝐞𝐫𝐨 𝐥𝐚 𝐛𝐚𝐧𝐚𝐥𝐢𝐭à 𝐝𝐞𝐥 “𝐧𝐨𝐫-𝐌𝐚𝐥𝐞”
La zona d’interesse è un film straordinario, direi indispensabile.
Una famiglia: marito, moglie, cinque figli più un cane, vive felice in un villino fiorito con piscina e orticello. L’idillio però svela una paradossale e terrificante realtà, la casetta dei sogni confina con il lager di Aushwitz.
Lo sterminio sistematico di esseri umani perpetrato dietro il muro di casa non turba minimamente la serenità della famigliola che trascorre giornate liete con amici e parenti mentre dalle vicine ciminiere esce incessantemente il fumo dolciastro di carne bruciata.
“Come è possibile sia accaduta una cosa del genere” ci si chiede con il petto gonfio d’orrore.
La risposta è semplice. All’epoca la maggior parte del popolo tedesco, polacco e di altre nazioni, considerava normale l’attuazione del genocidio ebraico e di altre comunità classificate come inferiori. La propaganda nazista, le promesse di predominio sul mondo, gli interessi, il pippotto del razzismo, avevano forgiato le menti umane, reso normale quelle atrocità. Gli ordini venivano dall’alto (dov’è poi questo alto?) ciò rendeva la strage banalmente, burocraticamente nor-Male. C’era pure il vantaggio di poter saccheggiare i beni dei prigionieri, dopo i disastri della prima guerra mondiale si era a corto di moneta.

Torniamo alla famiglia.

Rudolf Höss, il marito, è stato uno tra i più spietati esecutori nazisti. Comandante di Aushwitz, si recava ogni giorno diligentemente al lavoro, cioè a due passi da casa. Höss, capo all’avanguardia, aveva introdotto tecniche nuove come il gas della morte Zyklon B.
La moglie, Hensel Hedwig, adorava la sua villa, nessun patimento per lo sterminio della porta accanto. Voleva il suo giardino, lo voleva a tal punto da non seguire il marito quando fu trasferito.
Jonathan Glazer, il regista non ci mostra i lager, non ce n’è bisogno ormai sono stampati nel nostro immaginario. Sceglie invece di farci seguire la quotidianità appagata della famigliola.
Ed ecco la scena emblematica. Mamma Hensel che fa odorare al suo bimbo più piccolo, come una tenera educatrice, la fragranza di alcuni fiori del giardino, – Lo senti il profumo della rosa piccino?
Le ciminiere inceneriscono a pieno ritmo, l’aria pregna dell’odore del fumo dolciastro e nauseabondo arriva fino a due chilometri.
Ma lei serena fa: – Lo senti il profumo della rosa?
Nel documentario “Final Account” di Luke Holland alcuni testimoni nazisti ammettono come non ci fosse persona a non sapere cosa stesse accadendo. La serialità dello sterminio era sulla “bocca silente” di tutti.

“Come è possibile sia accaduta una cosa del genere" ci si chiede con il petto gonfio d’orrore.
Facciamo un doloroso parallelo?
La carne è sempre carne. A qualsiasi specie appartenga. Quando brucia emana lo stesso "odore dolciastro e nauseabondo".
La sofferenza di chi viene imprigionato, seviziato e ucciso non cambia da razza a razza o specie.
Gli allevamenti intensivi sono gli attuali lager, facciamo consapevolmente agli animali, vittime senzienti, quello che è stato fatto a milioni di persone.
La banalità del nor-Male continua.
Forse fra un secolo, spero meno, ammesso il pianeta sia ancora vivo ci si chiederà con il petto gonfio d’orrore come è stato possibile permettere una cosa del genere.
Nel frattempo si festeggia, e mentre sul barbecue arrostisce un vitello o un maialino, qualcuno chiede: – Lo senti il profumo della rosa?

Più volte ho pensato che per quanto riguarda il suo comportamento verso gli animali, ogni uomo è un nazista" afferma il premio Nobel 𝐈𝐬𝐚𝐚𝐜 𝐒𝐢𝐧𝐠𝐞𝐫.

mercoledì 8 febbraio 2023

1223 ultima fermata mattatoio

 



1223 ultima fermata mattatoio.

Di e con Elisa Di Eusanio e il ricercatore astrofisico e cantautore Emiliano Merlin, in arte unòrsominòre
Un viaggio lucido e delicato nei segreti più oscuri dell’industria zootecnica intensiva.”

Certi numeri sono destinati a passare alla storia, 1223 è tra questi. Attaccato all’orecchio di una mucca, il tagliandino cifrato rappresenta il business, lo sfruttamento intensivo di un corpo. 1223, una “fattrice” da latte, stuprata meccanicamente, sforna figli a ripetizione. Appena il musetto emerge dal ventre materno, il figlio le viene strappato via, senza pietà, il cucciolo non può bere il suo latte destinato agli umani, gli eterni poppanti.
Chiusi nei recinti i piccoli piangono disperatamente, dov’è la mamma? Alcuni finiscono nei recipienti degli scarti ancora vivi. 
È importante la specie di appartenenza? Ci piace soffrire? No di certo, a nessuno piace. Neanche agli animali. Esseri senzienti bellissimi, emotivamente migliori di noi. Quale altra specie crea catene di allevamenti lager per arricchirsi? Poi ci sono gli “Occhio-non-vede-cuore-non-duole”, pessima scusa, ormai i filmati delle sevizie girano ovunque in rete e in televisione. Chi li mangia è il mandante, collabora di mascella alla strage.
170 miliardi di animali da “cibo” sterminati ogni anno da otto miliardi di boccucce di rosa…
Ne cito solo un’altra.
Le maiale da riproduzione, vivono segregate, schiacciate perennemente in gabbie metalliche al solo scopo di generare figli-prosciutto, figli-salame, figli-mortadella. Dopo cinque anni, sbrindellate, con gli occhi fuori dalle orbite per l’agonia incessante, vengono macellate. Anche loro sono fattrici, però quelli con i sentimenti siamo noi.

Elisa Di Eusanio, attrice fuoriclasse e il bravissimo unòrsominòre, hanno creato un progetto straordinario, 1223 ultima fermata mattatoio
Il linguaggio dello spettacolo riunisce la performing art, la narrazione, la live music, la digital art.

C’è l’impossibile storia d’amore tra la mucca 1223 e un giovane vitellone da carne, c’è il loro agognato contatto mentre stipati insieme agli altri bovini, viaggiano verso il macello. Ci sono le poetiche canzoni rivoluzionarie di unòrsominòre, i filmati tristi e necessari. Poi il pezzo d’antologia di Elisa Di Eusanio. L’attrice, una macellatrice dalle mani insanguinate, mima le regole standard della macellazione di animali dettata dalla voce fuori campo. In poche parole la grande follia schizofrenica della nostra società. Mi ha ricordato Chaplin.
Nel finale unòrsominòre ci coinvolge in un affascinante viaggio cosmico, dove noi, pulviscolo stellare per nulla diverso dal pulviscolo di mucche, criceti o libellule, ci siamo creduti dei giganti sprecando l’occasione di goderci il nostro paradiso. Grave errore. Speriamo nella prossima volta, ammesso ci sia.

mercoledì 19 ottobre 2022

LUCIANO SALCE - L'ironia è una cosa seria



Luciano Salce
 ci manca. Ho avuto la fortuna di conoscerlo alla bottega di Vittorio Gassman. È stato prima un maestro poi un amico.

Racconto un piccolo aneddoto: un giorno siamo andati dalla famosa turca di via Giulia per farci leggere i fondi del caffè, lui però non ha voluto la divinazione, ascoltava interessato la mia.
«Perché?» gli ho chiesto,
«Ieri una yemenita mi ha letto il futuro in una sfera di cristallo e mi ha detto, se domani berrai il caffè da una turca avrai terribili dolori di pancia». Aveva la battuta sempre pronta. Riusciva a sdrammatizzare anche i momenti più dolorosi della sua vita. L’8 settembre del 1943 viene fatto prigioniero dai tedeschi e internato in un campo di lavoro nazista. Fugge, ma tradito da alcuni suoi connazionali viene deportato a Dachau, sarà libero solo nel 1945. Nel diario liquida quel periodo terrificante come «Due anni difficili»
L’ironia è dei geni.

Artista scomodo, coraggioso, anticonformista, indipendente, non piace alle élite politiche. Mette in ridicolo il potere, di qualunque “colore” sia. Tra i suoi capolavori “Il federale”, “La voglia matta”, “Fantozzi”, il bellissimo e semisconosciuto “Colpo di Stato”. Satira di fantapolitica girato quasi come un mockumentary racconta le elezioni politiche del 1972. La democrazia cristiana al potere è sicura di vincere, sostenuta dai soliti noti, il Papa con il suo entourage pretesco, plotoni di suore addestrati per costringere vecchietti e disabili a votare DC, memorabile la scena della monaca uscita dalla cabina elettorale con il nonno in carrozzella. Un piccolo incidente fa cadere la coperta che imbacucca il vecchietto, tolto il sipario di lana rimane il cadavere, il nonno in realtà è morto stecchito da una settimana. Non c’è solo la Chiesa tra i compari di merende democristiani, nel film sfilano loschi affaristi, banchieri, multinazionalisti e soprattutto i nostri padroni assoluti: gli americani. La DC non può perdere. Il demiurgo con la macchina da presa però decide il contrario. Vincono i comunisti. Da qui una girandola di avvenimenti caricaturali, a cominciare dalla semper serva e camaleontica TV di Stato pronta a trasmettere canzoni di sinistra antiborghesi…, “Se non è oggi sarà un altr’anno monache e preti lavoreranno…” 
Lo zio Sam come prevedibile non ci sta, non perde le sue colonie per cederle ai russi, piuttosto le distrugge.
Una serie di missili atomici si ergono pronti a partire per annientarci. Fivefourthreetwoone… non rivelo il finale.
Il film si può vedere su You Tube.

Terribile coincidenza con la nostra situazione attuale? Siamo nel 2022 ancora dominati dal padrone a stelle e strisce. Brevissimo cenno storico, nel 1943 gli americani, si ipotizza aiutati da Lucky Luciano, sbarcano in quella che Churchill definisce “Il ventre molle dell’Europa”, l’Italia, vengono per liberarci, così “a gratis”, va bé. Sempre grazie alla mafia, si ipotizza ancora che tra stragi e assassini di personaggi scomodi come importanti magistrati, tra cui Falcone e Borsellino, non ce li siamo più tolti.
Torniamo al parallelismo con il film. La civiltà del dollaro, per niente totalitaria, va bé, per proteggerci da un “altro” totalitarismo ci “obbliga” a entrare in guerra. Fantastico. Le erezioni nucleari sempre più turgide continuano a minacciarci e noi al solito ubbidiamo, sennò: Fivefourthreetwoone… non rivelo il finale.

Ovviamente la pellicola fu censurata e osteggiata in tutti i modi per questo in pochi la conoscono. Il Grande Luciano Salce aveva tenuto testa ai nazisti cosa poteva spaventarlo ancora? Al momento attuale chi mai avrebbe il coraggio di fare un’opera di denuncia simile? 
La maggioranza degli artisti è allineata alla società orwelliana.
À la guerre comme à la guerre.

L’ironia è una cosa seria, mostra curata da Emanuele Salce e da Andrea Pergolari, è un interessante percorso artistico e storico costruito con materiale principalmente inedito, tra foto, scritti, pagine di diario, filmati.
Da non mancare.

giovedì 31 marzo 2022

GLORIFICHIAMO IL NAZISTA


Zofia kossak, Giorgio Perlasca, Oskar Schindler, cosa c’entrano queste straordinarie persone (tutti e tre hanno salvato centinaia di ebrei dalla morte) col sanguinario nazista del battaglione Azov, Abroskin Vyacheslav?
Per Gramellini (vicedirettore del Corriere della Sera) e a suo dire per tutto il popolo ebraico, in comune hanno di appartenere ai “giusti”.
Dunque al macellaio Abroskin che ha ucciso e torturato “grappoli di russi” (cit.) basta scrivere un post strappalacrime su facebook per diventare un eroe. Basta digitare di voler salvare dei bambini da Mariupol consegnandosi come prigioniero per ottenere la targhetta di “giusto”.
Basta un post?
Commovente.
Ma il popolo ebraico non sente un moto di ribellione, quanto meno un senso di nausea di fronte a questo orrore?
Amnesty International nel 2016 ha chiesto al governo ucraino lo scioglimento del battaglione nazista, ma è rimasta inascoltata. Le sue nefandezze sono state riconosciute ed elencate in una serie di report pubblicati dall’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani. “Azov” responsabile dell’uccisione di massa di prigionieri, di occultamento di cadaveri nelle fosse comuni e dell’uso sistematico di tecniche di tortura fisica e psicologica.
Sono state tacciate di nazismo brave persone, manifestanti riuniti nelle piazze per rivendicare la propria libertà, mentre i veri mostri nazisti vengono glorificati dai media e dai governanti al soldo della Nato.
Siamo oltre il bipensiero orwelliano, siamo allo stupro collettivo della ragione.
Il giorno della memoria dura solo ventiquattro ore, tutto il resto è oblio.