mercoledì 16 novembre 2016

Americani di David Mamet regia Sergio Rubini

Recensione pubblicata su Animamediatica

“CONTANTI & CONTATTI”

di Rossella Monaco

 Americani di Mamet, regia Rubini.
 AMERICANI (Glengarry Glen Ross) di David Mamet.
Regia di Sergio Rubini.
Con: Sergio Rubini, Gianmarco Tognazzi, Francesco Montanari, Roberto Ciufoli, Gianluca Gobbi, Giuseppe Manfridi, Federico Perrotta.

Americani a Roma. ‘Glengarry Glen Ross’ diventa Pomezia, Sergio Rubini con un colpo di genio ambienta la commedia di David Mamet nella città capitolina facendoci entrare nel vivo della storia. Un gruppo di immobiliaristi rampanti usa ogni mezzo per rifilare terreni di scarso valore a individui alienati da una quotidianità senza brivido.
Comprare uno o più lotti è un antidoto alla routine e allo stress, non conta se poi l’affare risulterà fallimentare, l’importante è convincerli che quello sia l’unico modo per sentirsi vivi, dunque di esistere. È un surrogato alla solitudine. È trasgressione pura, meglio di un rapporto sessuale fa intendere uno dei più ambiziosi degli agenti alfa. L’opera di Mamet ci mostra uno spaccato degli anni ottanta, una bolla in divenire, ci descrive come nelle crepe della società in crisi d’astinenza da “american dream” inizi a penetrare il liquame dell’economia malata e sempre più autarchica. La disillusione ha generato quelle incrinature, l’avidità le farà esplodere. Gli yuppies sgomitano, si fanno le scarpe l’uno con l’altro, sono disposti a tutto. Contare significa appunto questo, quantificare il proprio valore sul denaro o sui premi accumulati con le vendite, bonus come symbol. Affondare gli altri per rimanere in superficie, a scapito di ogni luogo profondo. È il mercato. La nuova bibbia inneggia al capitale come a un dolce da far lievitare, una torta tossica zeppa di derivati geneticamente modificati. Un Leviatano nel cui sangue scorre denaro marcio, defecato dal traffico di armi, di coca, di crudeltà. Il mostro non risparmia nemmeno i suoi agenti, gli immobiliaristi strafatti di adrenalina, devono assumere droghe sempre più pesanti: compravendita, leasing, crediti, altrimenti vanno in crisi d’astinenza. È l’economia degli ottanta, il punto di partenza della commercializzazione mondiale e il gioco è inversamente proporzionale, crescita di beni materiali, perdita di umanità. Se speculi sei amato, se vendi vinci i “contatti”. Ti aggiudichi una lista di nominativi di gente abbindolabile a cui appioppare i lotti di paradiso di ultima scelta. Contatti, è la parola chiave della commedia di Mamet, rappresentano l’unico modo degli agenti alfa per socializzare. Sono specializzati in questo, sanno usare un lessico convincente, vanno a tentativi per centrare il punto debole della vittima di turno, la penetrano nel profondo, cercano tra i suoi vizi: andare con minorenni, essere gay, cornificare la moglie, tutto è lecito, i moralismi piccolo borghesi non sono ammessi, a patto però di acquistare uno o più lotti. Ti senti a casa se compri casa. Destrutturando il linguaggio il Leviatano aiutato dai media colpisce alle basi, l’acume di Mamet sta nell’ evidenziare il metodo: svuotala della sua accezione positiva, falla virare su un vuoto a vincere, nessun richiamo a dolci incontri sentimentali o amicizie in progress, o magari a culturali frequentazioni ed ecco che la parola “contatto” si mette al servizio del torbido narcisismo affaristico.
Il regista e attore Sergio Rubini
“Escludendo la sua funzione di esprimere qualcosa di gratuitamente piacevole quel qualcosa cesserà di esistere.”
Glengarry Glen Ross, è tra le commedie più conosciute di David Mamet, ha vinto il Pulitzer nel 1984 ed è stata interpretata al cinema da Jack Lemmon e Al Pacino.
La versione di Sergio Rubini rispetta l’ironia del testo e i tempi asciutti e dinamici. Gli immobiliaristi: Gianmarco Tognazzi, algido spacciatore di contatti; Francesco Montanari, “contattomane” e venditore di talento; Sergio Rubini, alleniano personaggio in crisi d’astinenza da contatti; Gianluca Gobbi, affabulatore sfrenato; Roberto Ciufoli, timido contraltare dell’affabulatore; Giuseppe Manfridi la vittima perfetta; Federico Perrotta, la forza dell’ordine disordinata. Tutti bravissimi.
 “È proprio necessario che ogni conglomerato umano diventi corrotto? Oltre un certo punto sembra proprio di sì: il punto oltre il quale ciascuna persona del gruppo non conosce più tutte le altre per nome.” David Mamet



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